giovedì 29 gennaio 2009
Conferenza Stampa
Progetto e Programma Free Entry
- Progetto :
Un gruppo di giovani entra nel vivo dell’organizzazione di un evento culturale e diventano i protagonisti di
FREENTRY: ingresso libero alle idee
Sei ragazzi hanno lavorato coordinati dall’Assessorato alle Politiche Giovanili e da Fondazione Aida per organizzare una manifestazione, ad ingresso libero e gratuito, che ha come protagonisti ospiti importanti della letteratura e del giornalismo. Modereranno incontri con: Toni Capuozzo, Giuseppe Ayala, Marcello Veneziani, Massimo Picozzi, Vittorio Messori e Magdi Cristiano Allam
Come sottolinea l’Assessore Alberto Benetti, l’iniziativa è nata nell’ambito della programmazione dell’Assessorato rivolgendosi soprattutto ai giovani dai 15 ai 30 anni, con l’obiettivo di avvicinare le nuove generazioni al mondo della letteratura e del giornalismo attraverso un percorso che li vede protagonisti attivi, capaci di organizzare e moderare un evento culturale con gli stessi scrittori.
Conoscere quindi il back stage di un’organizzazione culturale, seguire le procedure istituzionali per creare e organizzare l’evento, confrontarsi con gli autori, moderare gli incontri, è la metodologia di FREE-ENTRY, affinché i ragazzi possano prendere dimestichezza con il mondo della letteratura e dell’intrattenimento culturale.
Il gruppo, formato da Stefania Gatta, Cristiano Polese, Anna Barbetta, Nadia Zandomeneghi, Sara Spiazzi e Luca Pinali
modereranno gli incontri con noti autori della letteratura:- Programma:
Venerdì 13 febbraio ore 17.30 presso Aula Corte d’Assise Tribunale di Verona,
GIUSEPPE AYALA presenta Chi ha paura muore ogni giorno (Mondadori 2008).
Venerdì 27 febbraio, ore 17.30, presso l’Università di Verona MARCELLO VENEZIANI presenta Rovesciare il ’68 (Mondadori 2008).
Venerdì 5 marzo, ore 21.00, al teatro Filippini, TONI CAPUOZZO presenta Adìos (Mondadori 2008).
Venerdì 13 marzo, ore 17.30, presso la Sala Farinati della Biblioteca Civica di Verona, MASSIMO PICOZZI presenta Un oscuro bisogno di uccidere (Mondfadori 2008).
MAGDI CRISTIANO ALLAM, martedì 21 aprile presso l’Auditorium della Gran Guardia, ore 21.00, presenterà Viva Israele (Mondadori 2007).
Venerdì 15 maggio presso la sala UTEP Università Tempo libero e educazione permanente ore 21.00, incontro con VITTORIO MESSORI, il più noto scrittore cattolico, interlocutore dell’allora cardinale Ratzinger che presenta Perché credo (Piemme 2008)
Ingresso libero e gratuito
mercoledì 28 gennaio 2009
Intervista a Marcello Veneziani.
Moderatrice dell'incontro Nadia Zandomeneghi
VENERDI 27 FEBBRAIO Ore 17.30 MARCELLO VENEZIANI Presenta: “Rovesciare il ’68” L’attualità del ’68, Aula T4, Facoltà di lettere e filosofia, Università degli studi di Verona. |
Modera Nadia Zandomeneghi, 20 anni, iscritta al secondo anno del corso di laurea di scienze della comunicazione. Sono venuta a conoscenza del progetto Free Entry tramite il forum su internet del mio corso di laurea e sono rimasta molto colpita da questa iniziativa, ritenendola una buona esperienza per me e per gli altri. Vorrei che questo progetto avvicinasse i giovani alla cultura e all' informazione. Quest' ultima, non è molto sentita tra i giovani, e senza di questa è difficile incuroisirsi e avvicinarsi alla cultura. |
L'incontro verterà sui punti principali del suo ultimo libro, Rovesciare il ’68, come il parricidio della contestazione del ‘68 e gli effetti che ha lasciato sui valori civili e sociali di oggi (famiglia, scuole, linguaggio ecc...), e il richiamo alla tradizione per recuperare un modello guida che possa ritrovare i valori perduti. "Così il 68 si risolse in una barbara supremazia del presente, dell'immediato, dell'io sul mondo, sul passato e sul futuro. L' egocentrismo generazionale e soggettivo fu l'effetto più profondo del 68", perchè si è arrivati a questo risultato? I giovani della contestazione, ormai sono padri se non nonni, quale modello paterno hanno seguito se i padri sono stati cancellati dal movimento?
mercoledì 21 gennaio 2009
Recensione di "Chi ha paura muore ogni giorno" di Giuseppe Ayala
Giuseppe Ayala "Chi ha paura muore ogni giorno"
pp. 200, euro 17,50 Mondadori, 2008
da
http://nuke.ilsottoscritto.it/Default.aspx?tabid=827
di Oscar Buonamano
“Lo Stato aveva deciso di fermare se stesso proprio nel momento in cui stava registrando risultati esaltanti. E perché? Perché la mafia ce l’aveva dentro. Si faccia avanti chi è capace di dare una diversa risposta plausibile”.
Un’affermazione da far tremare le vene e i polsi e che fa indignare. Una delle tante affermazioni forti contenute in Chi ha paura muore ogni giorno, l’ultimo libro di Giuseppe Ayala.
La pubblicistica sugli anni del pool antimafia e quindi su Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è molto vasta. Molto è stato già scritto e perciò ci si potrebbe chiedere: c’è qualcos’altro da scrivere su quegli anni e su quella stagione? C’è qualche aspetto poco chiaro che si può ulteriormente indagare? A cosa serve, ma soprattutto è utile un altro libro su quegli anni?
La risposta è si se quel libro è scritto da uno dei protagonisti di quella stagione, uno dei sopravvissuti. E la risposta è si se l’autore è un fine dicitore e un raffinato intellettuale.
Giuseppe Ayala confeziona una sorta di autobiografia minima, nel senso che autoindaga su un arco temporale breve della sua vita, nella quale è possibile rileggere la ricostruzione della storia del Palazzo di Giustizia di Palermo, la nascita del pool antimafia e la sua fine, ma soprattutto è possibile leggere la cifra umana e politica e sociale di un gruppo di uomini veri. Uomini morti una volta sola.
“Ha raccontato Andrea Camilleri che quelle cinque lettere venivano pronunciate solo dopo che gli usci di casa erano stati chiusi, perché gli estranei non le sentissero. Nessuno voleva ammettere ciò che vi si celava dietro. Lo stesso accadeva a proposito di un’altra parola di sei lettere: «cancro». «il male incurabile» era l’eufemismo. Suonava meglio”.
Quando non c’era il pool, quando il Palazzo di Giustizia di Palermo, “Un palazzo che aveva avuto un ruolo centrale nella storia del potere siciliano, distinguendosi più per la sua capacità di omologazione che per quella di contrapposizione alle connotazioni illegali, se non criminali, che pezzi di quel potere erano andati progressivamente assumendo”, quando la parola mafia non si poteva pronunciare, quando lo Stato non era in prima linea contro la criminalità organizzata, quando tutto era così, proprio in quel preciso momento inizia la storia che ci racconta, o conta come direbbe forse Camilleri,Giuseppe Ayala.
Ed è una storia che ti fa stare con i pugni stretti in tasca dalla prima all’ultima parola. È una storia che fa rabbia a rileggerla. È una storia che ti pone la domanda, la domanda delle cento pistole: ma io che cosa ho fatto per cambiare in meglio il mio Paese?
Ayala con certosina abilità crea una rete in cui ogni nodo è un piccolo affresco di quella Sicilia e di quell’Italia e che tutta insieme, tesa in modo da distanziare bene i singoli nodi e far guardare oltre i nodi stessi appunto, ci restituisce un mondo complesso di cui si percepiscono fatti, odori, parole, e di cui riusciamo a vedere i morti, i tanti morti ammazzati. E la scia di dolore e rabbia che quei morti hanno lasciato non solo nei parenti più prossimi ma in tutti quelli che non si arrendono allo status quo.
“C’è qualcuno in questo Paese che si occupa della sottrazione dei documenti più personali delle vittime - cosiddette eccellenti – a cadavere ancora caldo…La borsa che Aldo Moro aveva con sé al momento del sequestro? Mai trovata. Il computer di Giovanni Falcone? Ripulito. L’agenda rossa di Paolo Borsellino? Scomparsa”.
Rocco Chinnici, Aldo Moro, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, sempre sulla scena del delitto “eccellente” s’intravede una figura che sottrae documenti, carte, appunti. Non è una chiacchiera da bar o il finale ad effetto di un film di terza o quarta visione è una delle affermazioni contenute nel libro. Una affermazione grave che chiama in causa le Istituzioni della Repubblica e chi le governa.
È una storia che pone la vicenda umana al centro del ring. Solo da rapporti umani forti e saldi possono nascere le grandi imprese della vita siano esse della sfera lavorativa, siano esse della sfera personale.
“Il dolore e la paura avevano partorito un sodalizio che non era solo professionale e ideale. Era umano e personale. E definitivo”.
Così descrive Ayala il rapporto che si era stabilito tra lui e Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Un rapporto cementato dal dolore per la perdita di cari amici e colleghi che con loro lavoravano in una terra di frontiera qual’era e qual è ancor oggi la Sicilia. La paura di andare incontro ogni giorno alla morte, quasi a mani nude.
“L’intesa tra i due era formidabile quanto l’effetto e la stima che li legava. Si conoscevano da bambini, essendo nati entrambi nello storico quartiere della kalsa. Erano diversi, ma si completavano a vicenda”.
Dolore e paura che appunto potevano essere affrontati solo in presenza di un rapporto indistruttibile, prim’ancora umano che professionale: questo era il rapporto che legava Giovanni a Paolo. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino due eroi contemporanei.
C’è anche la vita personale di Giuseppe Ayala in questo libro. La sua vita di padre e di marito. Di marito che affronta la separazione dalla moglie nel bel mezzo dell’inchiesta più importante che ci sia mai stata in Italia contro la mafia. E in quei momenti così difficili, quando entrano in ballo gli affetti e le decisioni da prendere sono decisioni davvero importanti, proprio in quei momenti ad Ayala non manca la vicinanza di Giovanni Falcone che lo aiuta a capire e in silenzio accompagna le sue decisioni.
“Il nostro amore si stava consumando, senza colpe e senza ragioni. Ma la nostra intesa era un’altra cosa, tanto che dura ancora e non dà alcun segno di stanchezza. Il fatto che siamo genitori degli stessi figli non è secondario, per niente, ma non spiega tutto. L’affetto quando è veramente profondo è un legame molto forte. Meno dell’amore, ma con maggiore garanzia di durata”.
Le continue incursioni nella vita privata della famiglia Ayala, come ad esempio le lunghe chiacchierate con il Presidente della Repubblica, quando Ayala e Falcone sono a Roma dopo aver assistito allo smantellamento scientifico del pool antimafia e di tutta la struttura che era stata messa faticosamente in piedi, non distolgono l’attenzione e si giustappongono alle vicende di malaffare trattate.
“Il siciliano, per evidenti ragioni storiche, non possiede la cultura del diritto, perché conosce solo quella del favore…La mediazione del favore, negatrice del diritto, ha esaltato al massimo la percezione e, quindi, il fascino del potere. Esiste, forse, un solo posto al mondo in cui vale un proverbio che recita «cumannari è mugghi di fùttiri»”.
Una “sentenza senza appello” scritta da un siciliano sui siciliani. Una riflessione che c’interroga sulle ragioni più profonde della condizione d’illegalità diffusa in cui vive la Sicilia e l’intero Paese.
Ayala non dimentica i tanti ragazzi e ragazze delle forze dell’ordine che sono morti per difendere con il proprio corpo il corpo di tanti magistrati, che hanno immolato la loro vita per difendere lo stato di diritto e per servire lo Stato. Per tutti usa splendide parole che vanno dritto al cuore.
E poi ci sono tante altre cose ancora da leggere in questo bel libro di Giuseppe Ayala come ad esempio un ampio stralcio della storica requisitoria finale del maxiprocesso che vide proprio Ayala intrattenere tutti con il fiato sospeso con il suo facile eloquio e che concluse come un consumato attore di teatro:“Questo e non altro, signori della Corte, è la Mafia”.
Giuseppe Ayala: "La cultura della Legalità"
Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita all'Università degli studi di Palermo, esercitò la professione di pubblico ministero diventando, tra l'altro, Consigliere di Cassazione. Amico di Giovanni Falcone, ebbe un ruolo di spicco nel pool anti-mafia. Dal 1992, dopo l'omicidio di Falcone e Paolo Borsellino, si occupò anche di politica diventando deputato nelle file del Partito Repubblicano Italiano.
In seguito a Tangentopoli (inchieste sulla corruzione dei partiti alle quali egli partecipò attivamente) ed alla crisi del PRI, Ayala passò ad Alleanza Democratica, confermando il seggio alla Camera dei Deputati nel 1994. Dopo la scomparsa di AD, insieme a Giovanna Melandri passò tra i Democratici di Sinistra, partito con il quale venne eletto senatore nel 1996 e nel 2001.
Sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia durante il governo Prodi I, l'incarico gli fu riconfermato anche nei successivi governi D'Alema I e II.
Conclusa l'esperienza politica, rientra in magistratura, pur dopo aver criticato chi, dopo il Parlamento, ritorna a vestire la toga [1]. Attualmente Ayala è consigliere presso la Corte di Appello di L’Aquila.
lunedì 19 gennaio 2009
Interviste a Marcello Veneziani sul libro "rovesciare il '68"
Marcello Veneziani presenta "Rovesciare il '68" a Casteggio - parte 1
Marcello Veneziani presenta "Rovesciare il '68" a Casteggio - parte 2
sabato 17 gennaio 2009
Giuseppe Ayala, 01/05/06
Vittorio Messori, 18/12/08